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Perché i media non hanno coperto la nostra notizia?

“Click”.

Il vostro annuncio importante – un report, un’iniziativa, un prodotto nuovo – è stato appena distribuito ai media. Attendete con una certa trepidazione l’arrivo della rassegna, che certamente sarà copiosa: d’altronde il vostro report (o iniziativa, o prodotto) è eccezionale!

Ecco la mail con le prime uscite e… non è quello che vi aspettavate. Ma perché i media non hanno coperto la nostra notizia?

Non è detto che il problema sia quello che comunicate: magari davvero il vostro studio non è niente male. Ma è probabile che gli stessi giornalisti abbiano ricevuto in quella settimana almeno un paio di contenuti simili. E se anche così non fosse, di sicuro ogni giorno sono stati inondati da centinaia di mail, inviate da altrettanti solerti uffici stampa. Riuscire ad emergere in questo tsunami di comunicazione aziendale non è facile. Viene dunque da chiedersi: con quali criteri i giornalisti scelgono o scartano un contenuto?

Senza pretesa di esaurirli tutti, proviamo ad elencare tre principi di base.

Attualità

I media si occupano, in primis, di ciò che sta accadendo ed è importante ora. Nel ciclo delle notizie, ci sono fatti che restano “attuali” per un solo giorno, altri per qualche settimana (pensiamo alle Olimpiadi, o al festival di Sanremo), altri per anni (la pandemia). Restando sull’esempio di un report, avremo molte più possibilità di ottenere l’attenzione di un giornalista se il nostro studio è relativo a un tema o un trend di cui si sta già parlando; se non a livello nazionale, quantomeno nel settore di riferimento.

Più siamo “a tempo” con ciò di cui i media si stanno occupando, meglio è. In questo senso, le varie Giornate Mondiali e altri appuntamenti di rilievo possono rappresentare un’opportunità, ma attenzione: sono anche occasioni in cui tante aziende provano a cavalcare la stessa onda mediatica.

Meglio allora partire con un certo anticipo, o scegliere un periodo meno affollato.

Rilevanza

Ok, ci siamo assicurati che il nostro contenuto riguardi un argomento già sul tavolo delle redazioni. Purtroppo, come dicevamo, probabilmente non siamo gli unici ad aver avuto la stessa idea, e altri staranno cercando di posizionarsi sullo stesso argomento. Per questo è importante saper evidenziare il peso di ciò che stiamo comunicando, ponendoci una domanda chiave: perché dovrebbe importare a qualcuno?

In questo senso, i numeri spesso ci danno una mano. Quante persone hanno partecipato a una certa iniziativa? Che impatto economico ha il tema trattato nel nostro report? Quanti consumatori utilizzano già un certo prodotto? Offrire dei dati concreti è sempre utile per accendere l’interesse dei giornalisti, e per rendere più autorevole la nostra comunicazione.

Originalità

L’avrete sentito dire: un cane che morde un uomo non è una notizia, ma un uomo che morde un cane sì. È una cosa di cui dobbiamo tener conto: possiamo anche legarci al tema del momento – e magari farlo con dei dati alla mano – ma se diciamo quello che già si sa, oppure se la nostra comunicazione è identica a quella di cento altre aziende, emergere sarà difficile.

Senza cedere al sensazionalismo (e senza chiedere al nostro CEO di addentare Fido), il consiglio è dunque di cercare – nella fase di preparazione di uno studio, nell’ideare un’iniziativa, nel presentare un prodotto – quell’angolazione diversa che ci distingua dagli altri, e soprattutto che non sappia troppo di “già sentito”.

Ovviamente rispettare questi criteri di notiziabilità non ci garantisce che saremo ogni giorno su tutte le prime pagine (e le home page) dei giornali: i media lavorano secondo logiche che non sempre possono combaciare con le nostre. Ma è probabile che aprire la rassegna al mattino diventerà un’esperienza molto più piacevole.