“Video Killed The Radio Star” cantavano i The Buggles alla fine degli anni ‘70. Parafrasando il motivo, potrebbe aver senso chiedersi “Will AI Kill The PR Star”?
Nelle ultime settimane sono usciti centinaia di articoli e servizi riguardo ChatGPT, il sistema di intelligenza artificiale sviluppato e reso disponibile gratuitamente (per ora) da OpenAI, su cui Microsoft ha appena annunciato un investimento per diversi miliardi di dollari.
Non entro nello specifico di tutto ciò che questo software può già fare.
Ciò che mi interessa fare in queste righe è condividere qualche riflessione rispetto ad un tema che sta emergendo e cioè il quesito che ponevo all’inizio.
È possibile che gli sviluppi che l’intelligenza artificiale porterà anche nel campo della comunicazione trasformeranno in modo radicale il mondo delle pubbliche relazioni, rendendo obsoleta una professione?
Detto che sotto il cappello PR rientrano molteplici azioni di comunicazione, il quesito riguarda in particolare una delle attività cardine, quella dell’ufficio stampa.
Sul mercato sono già presenti piattaforme in grado di mettere a disposizione delle aziende software AI per realizzare attività di PR (redazione di contenuti, distribuzione di comunicati, addirittura organizzazione di interviste). La promessa che viene fatta alle aziende è quella di poter fare a meno di agenzie e professionisti della comunicazione che ne curino l’ufficio stampa.
Credo non sia affatto prematuro porsi la domanda. Sappiamo che la tecnologia corre ad altissima velocità, per cui non è difficile immaginare che nel giro di pochi anni i nuovi software saranno in grado di superare almeno alcuni degli attuali problemi.
C’è però un aspetto nel quale vedo il contributo umano a questa professione ancora fondamentale e – spero – insostituibile. Ed è quello relazionale.
Chi si occupa di ufficio stampa sa quanto l’aspetto relazionale – con i professionisti delle aziende per cui si lavora e soprattutto con i giornalisti con i quali quotidianamente ci si interfaccia – sia fondamentale e faccia la differenza.
Una telefonata, quattro chiacchiere davanti ad un caffè, una mail particolarmente empatica e sincera, spesso permettono di raggiungere risultati che mi riesce difficile immaginare possano essere ottenuti da una intelligenza artificiale.
Qualcuno potrà obiettare che nel momento in cui sia mittente che ricevente fossero delle macchine, l’aspetto relazionale verrebbe a cadere. Beh, immaginare un mondo in cui i giornali sono pensati, “costruiti” e scritti da macchine mi resta ancora più difficile.
Forse la mia è solo la speranza di un professionista a cui il proprio lavoro piace e sa che dovrà lavorare ancora per parecchi anni.
Quindi cosa potrebbe succedere?
Credo che una rilettura in chiave moderna de “L’evoluzione della specie” possa tornarci utile.
Se Darwin ha evidenziato come fosse il caso – nello specifico mutazioni naturali casuali – a creare delle specie animali che fossero più adatte a sopravvivere all’ambiente circostante, credo che nel mondo delle relazioni pubbliche solo i professionisti e le realtà che avranno la lungimiranza (il che, se ci pensate, è più rassicurante che affidarsi al caso) di capire prima e meglio il potenziale ed i benefici che l’AI può portare alla nostra professione sapranno guadagnarsi un vantaggio che permetterà loro di lavorare meglio e a lungo.
Non credo si tratti di prendere una posizione netta tra apocalittici e integrati, ma di guardare con interesse e studiare le potenzialità che le nuove tecnologie possono mettere a disposizione per la nostra professione, per migliorarla.
Perché se ci pensate bene alla fine la radio è tutt’altro che morta…